Il Scalpelin

Un’antica tradizione

Lavorare le pietre è una delle attività più antiche, legata com’è alle costruzioni che l’uomo ha sempre realizzato.

Agli albori della storia e della civiltà, non appena l’uomo ha abbandonato il nomadismo, ha sentito la necessità di costruire muri di difesa, rifugi, abitazioni, sviluppando via via tecniche costruttive sempre più precise che imponevano l’uso di pietre lavorate per garantire stabilità.

Dalle piramidi egizie, costruite con blocchi squadrati di grandi dimensioni, ai templi grandiosi della Grecia fino alla civiltà romana, l’attività degli scalpellini ha lasciato straordinari esempi di abilità.

L’espansione territoriale dell’antica Roma diede notevole impulso al mestiere con la costruzione di strade, acquedotti, anfiteatri e altre opere nelle terre conquistate.

Nel Medioevo, con la nascita delle corporazioni, il mestiere dello scalpellino acquistò ancora maggior importanza. Gli scalpellini furono largamente impegnati nella costruzione delle grandi cattedrali, prima romaniche e poi gotiche, che sono tuttora oggetto di ammirazione in tutti i paesi europei.

Al link qui di seguito potete trovare informazioni dettagliate sul sapiente lavoro di uno dei maestri scalpellini del nostro territorio: agostinoscrem.oneminutesite.it

Scalpellino: mestiere d'arte

Uomini di poche parole, capaci di esprimere il proprio pensiero modellando la pietra con mani forti e delicate al tempo stesso: si può riassumere così l’essenza dello scalpellino.

Gente laboriosa, fiera di saper riprodurre i modelli dei grandi scultori e realizzare i progetti degli architetti cercando i materiali più indicati che, staccati in grossi massi, sono poi modellati e lavorati con abilità.

La loro materia prima è la pietra, spesso dura e resistente alla lavorazione, ma allo stesso tempo utile risorsa e fonte di soddisfazione per le opere faticosamente portate a termine.

Una gratificazione che ancora anima il mestiere dei pochi scalpellini rimasti al giorno d’oggi, che con costanza, rigore e passione tramandano l’arte di padre in figlio.

Foto di gruppo storica dei menaus dell'ecomuseo di paularo

Nei secoli passati molte pietre si potevano reperire direttamente sul greto dei torrenti, che le trasportavano a valle dalle montagne, spesso smussate dal trasporto o arrotondate.

Alla ricerca della pietra migliore

Dai massi più grossi e arrotondati gli scalpellini ricavavano ‘las piêres dal ont’, recipienti in pietra nei quali veniva depositato il burro cotto utilizzato come condimento.

Per lavori particolari, quali portali, stipiti, caminetti, il materiale veniva recuperato distaccandolo in blocchi dai banchi di pietra affioranti, infilando e percuotendo dei cunei in ferro nei buchi fatti con una barra d’acciaio chiamata barramina.

Nella vallata erano operanti diverse cave: due erano situate in località Stue Ramaz, da cui si estraeva marmo di diversi colori e sfumature: Rosa alambra, Rosso noce, Rosso rubidio, Grigio mala lastra.

Presso Salino e Dierico, invece, veniva estratta la Siltite grigia, una pietra adatta per realizzare capitelli, stipiti, lavatoi, gradini delle scale e pavimentazioni (anche i capitelli e la base delle colonne del pronao della chiesa parrocchiale di Paularo sono realizzati con questa pietra).

Infine la Dolomia Cariata, essendo abbondante, veniva reperita un po’ ovunque, ma le due cave principali si trovavano in località Duron e lungo il torrente Rutandi.

Conoscere la pietra: la geologia della nostra terra

Il territorio del Friuli Venezia Giulia, seppure di dimensioni limitate, presenta una notevole varietà geomorfologica: le rocce più antiche sono arenarie e siltiti ordoviciane risalenti al Paleozoico (460 milioni di anni fa), mentre le più recenti sono calcari selciferi grigi e rossi pelagici del Giurassico (180 milioni di anni fa).

Le rocce si possono classificare a seconda della loro origine:

Ignee

Formate dalla solidificazione di magmi a diverso contenuto silicea; in Carnia sono presenti nella potente formazione del Dimon e sono caratterizzate da un bel colore verde scuro;

Sedimentarie

Formate dalla deposizione di particelle più o meno grandi cementate tra loro. Sono le rocce più diffuse e costituiscono i grandi rilievi della regione;

Metamorfiche

Formatesi per deformazione e ricristallizzazione di rocce sia sedimentarie che ignee preesistenti, sottoposte a forti pressioni tettoniche o ad elevate temperature. In Carnia, sono presenti dei calcari cristallini come il “Grigio Carnico e il Fior di pesco”.

Dolomia cariata

Merita una menzione a parte per la sua particolarità ed il suo largo uso, comunemente chiamata “tof “ (tufo), per le caratteristiche meccaniche che la accomunano al tufo di origine vulcanica. È una pietra caratterizzata da numerose cavità, formatesi per lo scioglimento nell’acqua del gesso in essa contenuto. La pietra è così molto leggera e malleabile.

Colonna stratigrafica semplificata relativa al territorio carnico

Nella foto sopra:
Scalpellino all’opera, particolare di realizzazione, meridiane

Ad ogni opera la sua pietra

La prima fase dell’attività dello scalpellino, forse la più importante, consisteva nella scelta della pietra più adatta per ogni tipo di lavoro.

I massi più grossi venivano ad esempio squadrati per farne pietre angolari, mentre quelli medi erano utilizzati per opere murarie.

Le pietre per il grasso venivano ricavate da massi di calcare grigio reperiti sul greto dei torrenti e spostati facendoli rotolare grazie alla loro forma tonda.

Per la facilità con cui si poteva plasmare, molte opere erano realizzate con la dolomia cariata comunemente chiamata “tof”: le colonne dei porticati, gli archi, i capitelli erano fatti con questa pietra.

Per le macine dei mulini, infine, si utilizzava un conglomerato di calcio fortemente cementato chiamato “clap saldan” perché veniva anche usato, previa polverizzazione, nellle saldature a pressione dell’acciaio.

Gli attrezzi

Gli attrezzi necessari alla lavorazione della pietra non hanno subito grandi cambiamenti negli anni e nel secolo scorso erano spesso ricavati dagli assi dei camion dismessi, tagliati, forgiati, battuti e temperati per adeguare il metallo alla durezza della pietra.

Ancora oggi le punte per la spuntatura sono ottenute da aste d’acciaio ottagonali di quasi 20 mm di diametro che poi sono sottoposte a lavorazioni simili a quelle di un tempo.

Ai giorni nostri vengono per lo più utilizzati attrezzi con le punte al Widia (una lega di particolare durezza) o diamantate, innestate su martelli pneumatici ad aria compressa o elettrici.

Ciò aumenta sicuramente la produttività, ma toglie al lavoro dello scalpellino l’atmosfera di artigianalità, forza e maestria di un tempo.

Nella foto sopra:
Bocciarde, scalpelli e gradina

Le lavorazioni

Sgrezzatura

Si tratta dell’eliminazione delle sporgenze ed irregolarità più grossolane, utilizzando una mazza a punta detta “mai”.

 

Spianatura – squadratura

Un’importante lavorazione di precisione eseguita con squadre,picche e martelline, che permetteva la giusta adesione tra le pietre e dava maggior stabilità alla costruzione.

 

Finitura delle superfici in bottega

Bocciardatura
Ottenuta tramite una speciale mazzetta munita di più punte, chiamata bocciarda, che rende “puntinata” la superficie della pietra. Una lavorazione decorativa ma anche funzionale, quando è realizzata sul materiale da pavimentazione per impedire lo scivolamento.

Rigatura
Fatta con martelline dai denti a pettine di varie dimensioni, anch’essa decorativa e funzionale

Spuntatura
Realizzata con punta e mazzuolo, è più accentuata della bocciardatura ma ha le stesse funzioni

Schiantinatura
Tramite lo schiantino, una specie di grosso scalpello, si eliminano i segni di lavorazione e si ridà alla pietra una finitura somigliante ad uno spacco naturale.

Scolpitura
Sagome, scalpelli, foretti, trapani e compassi sono utilizzati per opere più particolari, come capitelli, vasche, bassorilievi e sculture.

Opere realizzate:
1. Chiave d’arco / 2. Fontana da muro: Leone / 3. Fontana da muro: Guriut

Le architetture in pietra della valle d'Incaroio

Anche se in Carnia non erano reperibili pietre di gran pregio, l’abilità degli scalpellini locali ha fatto sì che le risorse disponibili fossero sempre sfruttate al meglio, plasmandole con ingegno ed esperienza.

Ne sono testimonianza, a Paularo e in tutta la valle d’Incaroio, tante abitazioni in stile carnico che possono sfoggiare con orgoglio archi, portali, balaustre, ballatoi e stipiti che costituiscono un vero e proprio patrimonio storico e culturale.

 

Grazie alla loro maestria, gli artigiani paularini sono stati chiamati a operare in tutta Europa, lasciando ovunque pregevoli testimonianze della loro capacità e bravura.

A vulin claps par fâ mùrs
“Servono sassi per costruire muri”